Un retroscena dal gusto noir.
Oggi voglio raccontarvi una storia, che non tutti conoscono.
La storia si svolge all’interno dell’elegante salone di Casa Arte, dove tre graziose signore sono impegnate in una singolare discussione nata attorno ad una scatola di cartone stretta alla base e lunga in altezza. Le tre signore in questione sono Idea, Rappresentazione e Materia.
Nulla di nuovo sotto il sole, poiché questa è una prassi consolidata da tempo: Idea porta la scatola in Casa Arte per disquisire con Rappresentazione e Materia sul modo di “trattare” il contenuto.
Materia sempre molto impaziente, decide dunque di rompere gli indugi e in tutta fretta senza neanche chiedere il permesso alle sue compagne, apre la scatola dalla quale sbuca… Una donna nuda.
«Ancora?» chiede con aria seccata Rappresentazione.
«Cosa ne facciamo?» chiede a sua volta Idea, sornione.
Materia ancora una volta non riesce a tenere a freno la sua smania: si assenta per breve tempo e poi ritorna nel salone con una rombante motosega. Con gli occhi iniettati di sangue, esclama:
«Ragazze, questa volta la facciamo a pezzi per bene e usiamo le sue budella per tinteggiare le pareti Casa Arte di colore Rosso!»
Confessione dell’autore.
Lo ammetto: questa storia non esiste. L’ho inventata di sana pianta, anzi mi sono lasciato letteralmente prendere la mano.
Tuttavia rispecchia una convinzione che ho maturato nel corso degli anni in merito allo studio delle Opere d’Arte. Questa convinzione si basa sulla sinergia che si viene a creare tra l’Idea che genera un’opera, la sua Rappresentazione e la Materia di cui è costituita. Può sembrare un azzardo far rientrare lo studio dell’Arte all’interno di uno schema precostituito (anzi lo è), ma quando si è alla ricerca costante di un metodo per fare pace con il proprio disordine mentale, allora usare qualche mezzo alternativo può risultare comodo oltre ad essere lecito.
La Trinità.
Quindi l’Arte è una ma anche trina, poiché l’esplicazione dei suoi contenuti si risolve attraverso uno scambio di opinioni che si genera tra personalità distinte: Idea, Rappresentazione e Materia. Questa sinergia però, non sempre si muove all’unisono: alcune volte può capitare che una di queste personalità risulti più debole rispetto alle altre due o viceversa. Di seguito sono riportati degli esempi (estremi) di tre opere di altrettanti celeberrimi artisti, in cui una di queste componenti ha prevalso nettamente sulle altre due. Per farlo, mi sono avvalso di uno dei temi più inflazionati e riproposti in campo artistico: il Nudo Femminile.
L’Idea.
Tutto parte sempre da un’Idea. Temi da trattare, contenuti da sviluppare: per non restare aleatoria però, l’Idea necessita di essere tecnicamente rappresentata in qualche modo ed assumere una consistenza fisica attraverso l’uso dei materiali artistici.
Eppure c’è stato un artista che ha sfruttato l’Idea allo stato puro per produrre Arte e al contempo scatenare le reazioni indignate da parte di pubblico e critica: Piero Manzoni (1933-1963) quello della Merda d’Artista, per intenderci.
In un’opera del 1961, Scultura Vivente, Manzoni si limitò semplicemente ad apporre la sua firma sul fianco destro di una modella (in carne ed ossa). Attraverso quella firma, l’artista afferma che la sua Idea non necessita di essere rappresentata in alcun modo né tanto meno materializzata, poiché è già lì pronta per l’uso e “veste i panni” di una modella. L’artista quindi ha semplicemente riscontrato una sua Idea in un “oggetto” già esistente, per cui decide di auto celebrarsi in maniera del tutto autonoma ed arbitraria nell’olimpo dei creatori/creativi, mettendo da parte la manodopera e limitando la sua azione a siglare quello che è diventato il suo capolavoro.
La Rappresentazione.
Rappresentazione è da intendersi in questo caso, come l’insieme di conoscenze e competenze tecniche che consentono al contenuto di mostrarsi in un certo modo o stile. Quanto più queste tecniche risultano elaborate e raffinate, tanto più la rappresentazione tenderà ad essere pregiata e verosimigliante. E’ importante non fraintendere: rappresentare in maniera verosimigliante non vuol dire limitarsi a realizzare una fedele riproduzione della realtà a mo’ di fotocopia (questo concetto verrà ripreso in un futuro post).
Tenuto conto di questa precisazione, è possibile introdurre uno spunto interessante fornito dall’artista John De Andrea, esponente di un movimento americano nato verso gli anni Settanta: l’Iperrealismo.
Questo movimento artistico propone un’autentica istantanea della realtà, operata attraverso un’incredibile uso delle tecniche artistiche ed una profonda conoscenza dei materiali, che può tranquillamente definirsi maniacale.
Questa presenza dei materiali così significativa, potrebbe dar luogo ad un equivoco: cioè pensare che Materia e Rappresentazione concorrano in maniera equa alla riproposizione del contenuto. In realtà non è così.
Il materiale diventa “solo” un mezzo per esprimere un certo tipo di Rappresentazione, ma di certo non è in grado di esprimere se stesso: quest’opera infatti è realizzata con un calco in bronzo, dipinto successivamente “a mano”. Eppure non sembra vi sia alcuna traccia del bronzo: esso infatti viene “piegato” e modellato per esprimere una natura diversa dalla sua, ossia la Rappresentazione dell’incarnato umano. Dunque una Materia che non si mostra integralmente, ma viene imbrigliata per dar luce ad una natura diversa, arrivando persino a negare addirittura se stessa . Una contraddizione.
La Materia.
L’elemento che concorre a dare la consistenza fisica al contenuto conferendogli “spessore”. Pigmenti, gesso, colle, olio, tempere e tanto altro ancora: parliamo dei materiali dell’Arte.
Per un lungo periodo la Materia in Arte si è sempre piegata alle logiche dell’Idea e della Rappresentazione dell’opera: ha dovuto conformarsi agli stili e (salvo qualche guizzo) solo in epoca recente è riuscita ad esprimersi attraverso il suo linguaggio, liberandosi delle convenzioni.
L’esempio che voglio proporre è suggerito da un celebre artista operativo negli anni Sessanta che alla stregua di Manzoni, difficilmente si può collocare in uno stile artistico ben definito, poiché ha fatto scuola a sé: Yves Klein (1928-1962).
L’opera Monique si manifesta per impressione o per meglio dire per pressione del pigmento blu misto a collante, su un supporto. La traccia di Materia visibile è stata ricavata dal colore blu cosparso preventivamente sul corpo (nudo) di una modella, la quale ha provveduto a distendersi sul supporto, imprimendo così la sua immagine attraverso il colore denso; un po’ come il meccanismo che genera l’effetto dei timbri. L’Idea del corpo è solo suggerita, appena accennata, mentre la sua rappresentazione lascia notevole spazio alla materia (blu), che si esprime generando delle macchie dalla forma imprecisa e che obbediscono alla sola logica (imprevedibile, dinamica e invasiva) della materia.
Conclusioni & Richieste.
I processi che concorrono alla realizzazione di un’Opera d’Arte sono molto più complessi e articolati di quanto abbia provato a schematizzare in queste (non poche) parole.
Ho immaginato questo dialogo assurdo tra Idea, Rappresentazione e Materia, perché sono convinto del fatto che le Opere d’Arte siano state realizzate non solo per dare bella mostra di sé: queste hanno voglia di dialogare con i fruitori, in maniera dinamica, a volte anche prepotente. Insomma, l’Arte pretende di essere ascoltata.
In futuro dedicherò dei posts specifici, per ognuna delle “Signore” che ho citato nell’articolo.
Cosa ne pensate?
Cosa vi salta immediatamente all’occhio di un’immagine che vi si pone davanti? L’Idea che l’ha generata, la sua Rappresentazione, oppure la Materia (ed i materiali) di cui è composta?
Buongiorno PaGiuse. La cosa che mi salta in mente davanti ad un’immagine, spesso viene mossa in me dalla forma. Se si tratta di una forma astratta, tendo a dire “mi ricorda..”. Penso che questa mia reazione si possa collegare più all’Idea che alle altre due “Signore”, anche se fatico a distinguerle nettamente. Perchè forma identica e materia diversa, per esempio, possono rievocare altre idee…
Non essendo esperto di arte, io mi baso sulle impressioni che mi dà l’opera e sulla percezione della stessa.
A me l’iperrealismo piace molto. Vedendo quella donna così fedelmente rappresentata riesco ad ammirare quell’opera e cerco di capire come ci possa essere riuscito (non tutti sono in grado di riprodurre la realtà a quel modo).
Vedendo invece Monique non riesco a vedere alcuna forma umana, neanche accennata. Non mi comunica nulla quell’opera.
Non mi interessa la materia, ammiro l’idea e la sua rappresentazione, che incontrano i miei canoni di arte.
Buon giorno Michela!
Benvenuta nel blog e ti ringrazio per aver commentato! 🙂
Raccolgo in particolare l’ultima frase, dove scrivi: “Perché forma identica e materia diversa, per esempio, possono rievocare altre idee…”
In sostanza il “gioco” è tutto lì. Valutare un’immagine, per la materia con cui è fatta cambia le prospettive di fruizione.
Può sembrare banale e probabilmente la mia formazione di restauratore inficia tanto su questa visione, ma l’opera d’arte si manifesta soprattutto attraverso la materia. Questa non è sempre la stessa, anzi interagisce con tanti fattori esterni, tra cui il tempo. La materia quindi è viva e in base al “suo modo di vivere” genera diverse visioni di essa. Ad esempio, guardare un “Canaletto” nell’epoca in cui è stato prodotto, è ben diverso dal guardarlo al giorno d’oggi. La sua materia ne risulta variata poiché ha interagito con il tempo. Detto in maniera più pratica, col trascorrere del tempo si è formata una patina che ha provocato un ingiallimento del quadro e che ora lo rende più affascinante, quando invece al suo concepimento mostrava dei colori sgargianti.
Quando si guarda un’immagine, si guarda un modo di vivere che negli anni sarà diverso da come lo percepiamo ora.
Ad ogni modo, ti ringrazio per l’ottimo spunto di riflessione che mi hai fornito!
Spero di incontrarti spesso nel blog 🙂
A presto e buona giornata!
Buon giorno Daniele!
Confesso che ho pensato intensamente a te mentre stendevo le basi per il post! 😀
Il tuo punto di vista è più che legittimo, poiché come giustamente dici, ti basi sulla percezione.
Ad ogni modo si ripropone sempre la solita questione: quello che percepisco e quello che realmente è.
Se Klein attraverso il titolo dice che quella è Monique, c’è poco da fare: è proprio lei in materia colore e supporto: è un’entità (materica), tangibile. 🙂
Anni fa, quando ero innamorato solo ed esclusivamente della pittura di Michelangelo (e già su questo si potrebbe discutere, poiché Michelangelo è stato prima di tutto scultore), dinanzi a opere come quella di Klein mi chiedevo: “e quindi?” e poi voltavo pagina.
Però c’era una cosa che non accettavo. Il fatto che la pittura di Klein fosse oggetto di studio. Addirittura Klein ha brevettato un pigmento blu, tutto suo!
Tornavo a guardare Klein, mi dicevo di nuovo: “e quindi?”
E quindi dovevo almeno capire di cosa si trattasse. Studiando, leggendo e osservando, la mia percezione dell’arte (e non solo) cambiava, giorno dopo giorno.
Ho snaturato la mia persona? Non saprei dire. Non ho mai inteso lo studio come “snaturante”, anzi penso che studiare sia una grande opportunità.
Con questo non voglio dire che mi sono fatto piacere tutta l’Arte che ho passato in rassegna, ho anch’io i miei gusti non credere. 🙂
Però mi sono aperto da questo punto di vista ed ogni volta che osservo un’immagine non sto più a chiedermi: “e quindi?”. Mi faccio invece un’altra domanda: “Perché?”
Perché un’artista ha deciso di mostrare il suo contenuto in questo modo?
Questa domanda vale tanto per Raffaello, quanto per un artigiano qualunque. Non voglio assolutamente mettere le cose sullo stesso piano. Dico solo che la materia ho un fascino incredibile, che è duplice: può essere piegata per rappresentare le nostre convenzioni, ma può anche esprimersi in un linguaggio tutto suo. E questa io la trovo una cosa meravigliosa, sarà perché sono un materialista! 😀
A presto Daniele!
Lo studio non snatura nessuno, su questo siamo più che d’accordo. E immaginavo che avevi pensato a me scrivendo il post 😀
Che faccio… Semplicemente assaporo.
Non capisco niente di arte, soprattutto quella figurativa, osservo soltanto, cerco di immaginarmi l’artista all’opera ma non riesco spingermi oltre.
Come quando si assaggia un piatto la prima volta, non si presta molta attenzione agli ingredienti, si cerca di capire se ci piace oppure non ci piace. Io cerco di fare lo stesso con l’arte, con molta superficialità, provo a trarre sensazioni…
Ciao Marco, grazie per il commento!
Non credo proprio che il tuo approccio sia superficiale…
Dici di non capirci nulla, ma nonostante tutto cerchi di trarre delle sensazioni, assapori… Immagini l’artista all’opera!
Non ti spingi oltre, perché hai altri interessi quindi mi sembra anche una cosa legittima. Ma è chiaro che l’approccio è critico e magari quello che oggi lasci in sospeso, un domani potrai cercare di approfondirlo.
Ma anche se non fosse, poco importa: l’importante è osservare e trarne un “racconto”.
Anch’io difficilmente subisco il colpo di fulmine da parte delle Opere d’Arte, a prima vista. Sembrerà strano, ma è la verità.
Parto da sensazioni,magari anche negative, che poi approfondisco e contestualizzo. L’amore (se c’è) si sviluppa in secondo momento, nella fase che segue lo studio, cioè la contemplazione.
Tutto qui insomma: non sono un folgorato! 😀
Ricorda: qualsiasi dubbio o approfondimento, non hai che da chiedere!
Buona giornata!
interessante… Però, sinceramente, non vado nemmeno ad approfondire la conoscenza. I musei che espongono opere d’arte, difficilmente riescono attrarmi. Vi sono stato, delle volte, ma mi sembrano sempre così poco naturali…
Va beh, problema mio… Mi è piaciuto che mi hai fatto scoprire uan cosa che non sapevo di me. Ti ringrazio!
Magari Marco, se dovesse esserci occasione (lo spero), qualche volta ci facciamo un giro in un Museo e ci divertiamo un po’!
Sono io a doverti ringraziare per il tuo contributo! 😀
Buonasera, Giuseppe,
sempre più interessanti i tuoi post 🙂
Provo a rispondere alle tue domande, anche se non so dove arriverò 😀
Cosa mi colpisce di un’opera? Dipende, direi. Dipende dal tipo di opera.
Se guardo un quadro di Van Gogh, rimango affascinata dalla materia, dai colori e dal modo in cui la pittura si increspa sulla tela.
Se ossevo un quadro di Magritte, mi incuriosisce l’idea che l’ha scaturito e mi interrogo sui suoi possibili significati.
Se ammiro un quadro del Canaletto, resto allibita difronte alla nitidezza e al realismo della rappresentazione.
Quindi, in questi casi la risposta non può essere univoca.
Quando invece mi trovo difronte a un’opera sublime come La Pietà di Michelangelo, allora lì idea, rappresentazione e materia diventano un tutt’uno: la bellezza delle forme si fonde nel marmo da cui è stata estratta e traspira l’idea che l’ha vista nascere. E questo è il genere di opera che mi emoziona di più, quella talmente perfetta sotto ogni punto di vista (estetico, materiale, spirituale, emozionale) da annullare qualsiasi possibile squilibrio o prevalenza degli elementi. Semplicemente È, è in ogni modo e forma, materiale ed espressiva.
Non so se mi sono spiegata bene, in effetti alcuni concetti sono difficilmente esprimibili a parole…
Buona sera Giuliana!
Mi fa piacere che i post risultino interessanti 🙂
I tuoi punti di osservazione sono tutti giusti e legittimi, poiché fanno capire il “peso” delle scelte che l’artista ha operato.
Ti dirò di più: per quanto riguarda Magritte il gioco sta tutto nella rappresentazione dell’immagine, ma rimando tutto ad una spiegazione più esaustiva in un futuro post (non tanto futuro credo 😀 ).
Lo sai perché resti allibita dinanzi ad un Canaletto? Perché lui prima di dipingere adoperava la camera oscura per il disegno preparatorio, per cui le sue riproduzioni tendevano ad essere fedelissime e con un grado di dettaglio davvero invidiabile. Se a questo ci aggiungi una pennellata vibrante come solo un maestro del suo calibro riusciva a realizzare, allora sembra davvero che il quadro esca letteralmente fuori dalla bidimensionalità!
Inoltre nel tuo commento hai inserito un discorso molto interessante: quello dell’equilibrio della composizione, che qui non ho potuto inserire per non andare lungo, o almeno non di più di quanto abbia già fatto!.
E ti ringrazio per questo, perché mi hai fornito lo spunto per un altro post in cui parlerò proprio di questo argomento. Qui infatti ho analizzato i fattori in cui è presente un forte squilibrio.
Ti sei spiegata benissimo e in modo chiaro: non potevo chiedere di meglio 🙂
Ti faccio una proposta: quando sei comoda, prendi le prime tre opere che hai citato e varia i punti di osservazione per ognuna di essa (esempio: Guardi Van Gogh prima con l’idea, poi con la rappresentazione e poi con la materia e così per gli altri), se ti va.
Sempre se ti va, possiamo fare un raffronto e magari ne facciamo uscire un post a quattro mani, che ne pensi?
A presto e buona serata! 😀
Certo che mi va 🙂
Dammi solo un po di tempo per pensare, scrivere e mandare il tutto a te da elaborare. Ovviamente, io lo faccio da umile spettatore, tu da esperto nel campo: chissà cosa ne salta fuori! 😉
Domanda: devo prendere tre quadri in particolare o le loro opere in generale?
Ottimo Giuliana, qualcosa mi diceva che non ti saresti sottratta all’esperimento 😀
Possiamo anche semplificarci la vita e cominciamo per ora con una sola opera che ti colpito maggiormente. L’unica specifica che ti do è che l’opera debba presentare almeno un piccolo squilibrio.
Se ti risulta ostica questa cosa, puoi anche mandarmi una rosa di opere (tra quelle che ti piacciono di più ovviamente) e sarò io a sceglierne una per te.
L’importante è che la cosa non ti stressi, dobbiamo divertirci 🙂
Prenditi tutto il tempo che ti occorre, io attendo paziente 😉
Va bene 🙂
No stress, much fun!
Buona notte, Giuseppe
Perfetto! Vuol dire che ho reso l’idea! 😀
Buona notte Giuliana!
Concludi con un quesito difficile. Non saprei, sicuramente mi colpisce l’insieme delle tre Signore ma questo è un po’ ovvio penso. Probabilmente a seconda della specifica opera Idea, Rappresentazione o Materia vengono privilegiate. Per esempio nel caso di Manzoni a colpirmi è ovviamente l’idea, del resto è l’unica che conta. Ma anche di un Munch o un Kirchner mi colpisce prima di tutto l’Idea mentre magari di un Monet o Canova mi colpisce più la Rappresentazione e la Materia.
Sarei curiosa di visitare un museo con te 🙂
Salve Greta!
Finalmente ho il piacere di leggere un tuo commento sul blog, quindi sei ufficialmente benvenuta!
Sicuramente la qualità compositiva dell’opera influisce tanto sul parametro che la persona utilizza per valutare osservarla.
Personalmente mi baso (quasi) sempre sul criterio materico e, solo in un secondo momento approfondisco lo studio dell’Idea e della Rappresentazione, poiché non sono uno storico dell’Arte e quindi non sono immediatamente in grado di contestualizzare l’opera in base a letture iconografiche ed iconologiche.
Mi baso quindi sulla parte più semplice, quella che si manifesta immediatamente, la materia appunto. Mi faccio suggestionare e, come diceva Marco in qualche commento più sopra, immagino anche il pittore all’opera; immagino la sua meticolosità per ricercare quello stile. Da questa suggestione poi faccio partire le mie ricerche.
E la parte più divertente è quando in base alla mia suggestione, la cosa che avevo immaginato contrasta con lo studio reale. In quel preciso momento, ossia nel riscontro, l’immagine è come se diventasse anche un po’ mia, perché è ferma nella mia mente ed è allo stesso tempo bilanciata da due fattori: la mia visione personale e lo studio reale.
Diciamo che il mio è un approccio di comodo 😀
Se ho capito bene tu ora sei a Roma per studio… magari se riesco, passo a trovare il buon Daniele Imperi e poi facciamo qualche passeggiata in un museo, perché sono molto curioso di vedere il tuo approccio nei confronti dell’opera d’Arte: Roma non è così distante da Napoli.
A presto e buna giornata! 😀
Ciao Giuseppe,
sempre molto interessanti i tuoi articoli pieni di intuizioni e spunti di riflessioni. Per il tema in questione sono molto d’accordo con la versione di Greta, credo che la prevalenza tra Idea, Rappresentazione e Materia cambia in base all’opera ed all’Artista. Aggiungerei, però, un ulteriore aspetto che a mio avviso incide nella prevalenza tra Idea/Rappresentazione/Materia, ed è rappresentato dalla conoscenza che l’utente ha dell’opera o dell’artista che si trova di fronte.
Chiaramente una mia modesta opinione;-)
Attendo con ansia i prossimi posts.
Buona sera Luca! 😀
Sono felice che i miei articoli diano spunti per riflessioni!
Come giustamente dici, la conoscenza influisce molto sull’interpretazione dell’opera, infatti quando mi trovo dinanzi ad un’immagine che non conosco, non sempre è facile capire quelle che sono state le intenzioni dell’artista.
Allo stesso tempo però, facendo partire il meccanismo delle suggestioni è possibile annullare la distanza che (in genere) si crea tra fruitore ed opera, quindi l’immagine risulta più godibile e meno “sacra”.
Questo approccio consente di rendere l’Arte un qualcosa di umano che si avvicina alla nostra sensibilità.
Ti ringrazio per il contributo e ti auguro una buona serata! 😀
Ciao Giuseppe, è davvero un buono spunto quello che ci hai lasciato! Credo che ognuno dei lettori di questo post, da ora in poi, ogni volta che si troverà a visitare un museo o semplicemente osservare un’opera d’arte, avrà in mente le tre Signore per giudicare ciò che sta guardando!
Sono d’accordo con gli altri commenti, nel senso che Idea, Rappresentazione e Materia possano venire fuori diversamente. Ad esempio, se osservo il Cristo Velato…beh…a parte restare senza fiato, mi colpisce come la Materia abbia potuto assumere tale forma! Oppure, sono rimasta tanto affascinata dalla Rappresentazione delle “Nozze di Cana” di Paolo Veronese che per me ha offuscato totalmente la “Gioconda” (che non me ne voglia Leonardo..!) Quindi possiamo prendere le tre Signore in considerazione per approfondire e capire ogni opera osservata, così da colmare le lacune che ha chi non ha fatto studi artisitici (come me) ma è semplicemente appassionato!
Scusa se possono esserci passaggi poco chiari..ma scrivo di getto! 🙂
Ciao Giuseppe , a presto!
Salve Sasina!
Il tuo commento è cristallino! Sentiti sempre libera di scrivere le tue opinioni senza remore o timori, mi raccomando! 😉
Con una punta di invidia intuisco che sei stata al Louvre… spero di approdarci anch’io un giorno. Pur non avendo visto da vicino le Nozze di Cana e La Gioconda, devo dire che ti credo sulla parola.
L’impatto emotivo della prima è sicuramente notevole, per un semplice motivo: è enorme!
In Arte le dimensioni contano, eccome se contano.
Inoltre sono felice che tu abbia centrato in pieno il senso che cerca di trasmettere questo post: a seconda delle Signore che si tengono sotto braccio durante la visione dell’immagine è possibile avere molteplici punti di vista.
Quindi si genera un’osservazione dell’Opera d’Arte dinamica, coinvolgente. 🙂
Ti ringrazio per il contributo e ti auguro una buona serata.
A presto 🙂
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