Percorrendo in senso orario il cortile di Brera, una volta lasciata la statua di Tommaso Grossi, incontriamo un’altra scultura in marmo che ritrae un uomo che indossa un abito da religioso, il quale regge nella mano sinistra una sfera su cui sono incisi dei numeri che indaga con sguardo penetrante. Se giochiamo con l’immaginazione e sostituiamo la sfera con un teschio, sembra stia recitando l’”Amleto” di Shakespire nel celebre passaggio: «Essere o non essere, questo è il problema».
«Questo è il problema che ti risolvo!»
E in effetti il lavoro di Bonaventura Cavalieri (questo il nome del personaggio scolpito nel marmo dallo scultore Giovanni Antonio Labus) era proprio quello di risolverli i problemi, perché era un matematico, gesuita: quindi uomo di scienza e di uomo di chiesa, vissuto in buona parte del Nord Italia nella prima metà del Seicento.
I grandi amici, nel vero senso della parola
Così come Tommaso Grossi poteva vantare tra le sue migliori amicizie quella di Alessandro Manzoni, anche quelle di Bonaventura non erano davvero niente male: tra le sue migliori compagnie c’era Galileo Galilei. E non stiamo parlando di una semplice amicizia tra colleghi scienziati: per chi conosce il telefilm The Big Bang Theory si può dire che il livello di confidenza tra i due scienziati ricorda un po’ il rapporto tra Sheldon Cooper e Leonard Hofstadter, fatto di una profonda, sincera, amicizia e anche dallo… scopiazzamento di idee!
C’è stato qualche episodio infatti in cui il buon Bonaventura ha bonariamente preso la paternità di alcune teorie di Galileo per avallare i suoi studi all’interno di una pubblicazione, salvo poi scusarsi con l’amico pisano e riconoscergli il merito delle sue idee in pubblicazioni successive dove lo cita direttamente in ogni passaggio che vede coinvolti i suoi studi. E, nonostante lo scivolone di Bonaventoura, Galileo aiuterà e sosterrà il suo amico matematico in non pochi momenti di difficoltà.
Inoltre, mentre leggevo la storia di Bonaventura Cavalieri sul Dizionario Biografico degli Italiani, i suoi studi sui metodi indivisibili, etc., inconsciamente iniziavano ad affiorare lontani ricordi di quando frequentavo le scuole medie e dopo varie ricerche ho capito il perché. Il suo nome (oltre a essere legato in matematica al principio di Cavalieri e in astronomia a un cratere della Luna) dà il titolo a una particolare costruzione geometrica che permette di disegnare su un foglio (bidimensionale) una forma tridimensionale: l’Assonometria Cavaliera, uno dei metodi che insegnavano alla medie nel Disegno Tecnico!
Per intenderci: vi ricordate quando da piccoli disegnavamo il prato verde il cielo azzurro e la casetta in mezzo con il lato del muro e del tetto obliqui per dare l’impressione della profondità nello spazio?Ecco, quando disegnavamo in quel modo, rappresentavamo una costruzione geometrica della casetta con le regole dell’Assonometria Cavaliera (ovviamente, a livello intuitivo). Regole che poi si studiano alle scuole medie e si approfondiscono quando si scelgono studi inerenti alle materie di Arte, Disegno e Architettura.
Perché si trova nel cortile di Brera?
Ma cosa ci fa la statua di uno scienziato (un matematico in questo caso specifico) all’interno del cortile della Pinacoteca?
Bisogna dire che nel palazzo di Brera figurano altre istituzioni oltre a quella del Museo. In essa convergono l’Accademia di Belle Arti, la Biblioteca e l’Osservatorio Astronomico (l’INAF), già attivo nella seconda metà del Settecento: un luogo in cui si studia e si fa la scienza nuda e pura. Ma c’è di più.
Occasioni speciali
La statua di Bonaventura Cavalieri è stata realizzata per un’occasione ben precisa: la sesta Riunione degli Scienziati Italiani che si è tenuta proprio a Milano, con sede il palazzo di Brera nel 1844. E non si può fare a meno di non notare l’anno: il 1844. Ora se consideriamo che l’Unificazione d’Italia è avvenuta nel 1861, l’istituzione di questo tipo di riunioni ufficiali la dice lunga sul sentimento patriottico che ci vedeva uniti nel nome di Italiani già vent’anni prima della data ufficiale di unificazione.
La prima Riunione degli Scienziati Italiani infatti si tenne a Pisa nel 1839, la città natale di Galileo Galilei che fu anche lui ritratto nel marmo per celebrare l’evento.
Cosa e chi
In queste riunioni a cui partecipavano scienziati internazionali e si metteva in bella mostra al mondo il fior fiore dell’intelligenza italiana, si faceva il punto della situazione sulle varie scoperte scientifiche. Ma la cosa più interessante ce la racconta l’Enciclopedia on-line della Treccani:
Il quadro che emerge dalle biografie dei partecipanti è assai variegato […] Infatti, oltre agli scienziati più famosi (che includevano anche parecchie presenze internazionali), un numero elevato di partecipanti era costituito da insegnanti di scuola, medici, farmacisti, ingegneri, proprietari terrieri e appassionati a vario titolo di scienza.
In un’Italia politicamente non ancora unita, gente da tutte le parti, di tutti i titoli e non-titoli partecipava a queste riunioni ufficiali: straordinario!
E, lo scrivo con un pizzico di orgoglio italiano-partenopeo, l’anno successivo e cioè il 1845, si tenne la settima Riunione degli Scienziati Italiani proprio a Napoli, dove si raggiunse il numero più alto di partecipanti: 1613, due in più rispetto a quella di Milano!
A questo punto mi piacerebbe avere la DeLorean che Marty McFly e Doc Emmett Brown usavano per gli spostamenti nel tempo di Ritorno al futuro: programmare la data nell’autunno del 1845 per vedere l’inaugurazione dell’Osservatorio Vesuviano che si è svolta durante questa manifestazione. Sarei proprio curioso di vedere il Golfo di Napoli, di quel fresco Ottocento, che si estendeva ai piedi del Vesuvio.
Dunque, anche la statua di Bonaventura Cavalieri non è venuta meno al suo ruolo di narratrice, che tanto parla di un’Italia che ancora doveva nascere eppure aveva già tanta voglia di crescere.