Oggi mi trovo a raccontare la storia alquanto singolare della quarta statua del Cortile d’Onore di Brera: questo monumento infatti ha una particolarità che lo distingue dagli altri cinque presenti lungo il perimetro del cortile. Per capire di cosa sto parlando è necessario usare bene gli occhi e osservare attentamente la statua.
«Cos’hai sotto i piedi?»
Osservando la statua notiamo che la posa è quella di un pensatore, con la mano sinistra che regge il mento: si tratta di un filosofo? O magari uno scrittore? O forse un politico? Difficile dirlo. Magari guardando cosa tiene nell’altra mano possiamo avere qualche indizio in più, ma l’oggetto che stringe risulta danneggiato e a prima vista è difficile stabilire di cosa si tratti: sembra una specie di forcina spezzata.
Forse la soluzione all’enigma è da ricercare da qualche altra parte: proprio lì, sotto i piedi della statua!
Nel basamento infatti, si può leggere: “March. Luigi Cangola Archit.”
Cioè, oltre al nome e al cognome del nostro soggetto sono indicate anche la qualifica sociale e la qualifica professionale: Marchese e Architetto.
E il fatto che sia un architetto scioglie anche il mistero intorno all’oggetto che stringe nella mano destra: quella forcina spezzata infatti, altro non è che un compasso.
Eppure ciò che colpisce è la posa di Luigi Cagnola che assomiglia più a quella di un pensatore; e colpisce anche il fatto che a differenza delle altre statue presenti nel cortile d’onore di Brera si sia sentita la necessità di dare delle qualifiche che accompagnassero il suo nome.
Un Marchese Arichitetto.
Perché specificarlo?
Per risolvere questo piccolo mistero è necessario conoscere un po’ più da vicino la storia di Luigi Cagnola.
Dal punto di vista intellettuale, Luigi Cagnola nasce come uomo di lettere, che solo per pura passione (e per via del suo talento per il disegno) si è dedicato all’architettura, disciplina della quale lui stesso si definiva un “dilettante”, come ci racconta il Dizionario Biografico della Treccani. E già a questo punto del racconto incontriamo una dissonanza con quanto ci dice il monumento: perché il buon Luigi Cagnola, il suo titolo di architetto non l’ha mai acquisito sulla carta.
Allora, perché scolpirlo nella pietra?
Perché Cagnola, con il suo essere dilettante, si è aggiudicato una serie di commissioni, alcune delle quali davvero notevoli che oggi sono il simbolo della città di Milano. Ad esempio, suo è il progetto dell’Arco della Pace che si trova in Parco Sempione; altro che dilettante!
Facciamo pace con la Storia
La stessa storia dell’Arco della Pace è alquanto singolare, poiché Cagnola lo progettò come una struttura effimera (cioè, destinata a essere distrutta), fatta di legno, tela e cartone, posizionata in un altro punto della città per celebrare le nozze Eugenio di Beauharnais, uno degli uomini più fidati di Napoleone, con la principessa di Baviera. Ebbene, quell’arco effimero ottenne un successo così notevole che si decise convertirlo in una struttura permanente, fatto in marmo vero e proprio e collocato in zona Sempione.
Come ci racconta un articolo di “Il Giorno di Milano”, la storia di quest’arco è stata un po’ travagliata, poiché quando si decise di farlo diventare un vero e proprio monumento, si pensò che dovesse celebrare Napoleone. Ma poi l’imperatore francese cadde e dopo il Congresso di Vienna, con il ritorno degli austriaci a Milano, l’arco fu nominato per l’appunto “Arco della Pace” per celebrare la pace raggiunta tra le nazioni, salvo poi diventare comunque simbolo del Regno d’Italia, poiché nel 1859 sotto di esso vi sfilarono trionfanti Napoleone III e Vittorio Emanuele II dopo avere respinto gli austriaci nella storica Battaglia di Magenta.
Un “dilettante” nell’olimpo
Come ho scritto in precedenza, Cagnola è riuscito ad aggiudicarsi un discreto numero di lavori sia durante il regime austriaco, sia durante il regime napoleonico e, ancora quando ritornarono gli austriaci, togliendo incarichi a colleghi illustri che architetti lo erano anche sulla carta. Il suo diletto per l’architettura, dunque, vale il posto che si è conquistato tra le grandi personalità ritratte a Brera. O forse no.
E qui veniamo al punto più interessante della mia ricerca. Cercando in rete varie notizie sul monumento di Luigi Cagnola a Brera, Wikipedia inserisce una didascalia estrapolata dal testo Dei monumenti consacrati agli uomini illustri nel palazzo delle scienze, lettere ed arti in Brera, pubblicato nel 1851, cioè due anni dopo la realizzazione della scultura. Nella citazione si legge:
Ma non vi è assennato estimatore del merito il quale non domandi a sé stesso, in sul primo entrare, perché siasi voluto mettere il Cagnola accanto a Cavalieri ed a Verri. […] ma l’arte non ha fatto per opera sua un passo in avanti, e l’Arco della Pace, che è pure il monumento a cui è meglio raccomandata la sua fama, non è altro che una riproduzione peggiorata dell’arco di Costantino a Roma.
Insomma, la figura di Luigi Cagnola viene sminuita se non addirittura stroncata. Vuoi perché il suo considerarsi un dilettante lo ha marchiato, vuoi perché la sua posizione politica è stata alquanto ambigua (essendo Marchese, puzzava di casta), vuoi perché pur non essendo un professionista titolato ha sbaragliato la concorrenza, la sua statua è vista un po’ come un pugno nell’occhio all’interno del cortile di Brera. Insomma, il posto nell’Olimpo degli intellettuali proprio non lo meritava.
Una lezione importante anzi, tre!
Probabilmente, Benedetto Cacciatori, lo scultore che ha realizzato il monumento a Luigi Cagnola e che è stato anche suo allievo, ha tenuto conto di queste informazioni e per onestà intellettuale, ha preferito rappresentare il suo mentore più come un uomo di pensiero anziché di azione. Questo spiegherebbe il perché Luigi Cagnola è stato raffigurato in una posa che lo fa assomigliare più a un filosofo anziché a un architetto, il cui principale strumento di lavoro è prima di tutto la sua testa.
Proprio grazie al tanto studio e alla sua fervida creatività che è riuscito a imporsi come architetto realizzando opere di notevole rilevanza e che oggi sono il simbolo di Milano.
Per quanto mi riguarda, da questa storia ho imparato tre lezioni:
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È meglio evitare di affrancarsi di etichette pericolose che potrebbero screditare una professionalità raggiunta con il sudore della fronte;
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Quando si fa arte, la determinazione, affiancata da tanto, tantissimo studio, dedizione e abnegazione, va oltre i titoli ufficiali;
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Mi sto divertendo un sacco a raccontare queste storie di Brera!