Ora che con la prima parte del post abbiamo capito perché la statua di Napoleone si trovi al centro del cortile d’onore di Brera è giunto il momento di capire finalmente il perché quel ritratto di bronzo è parecchio diverso rispetto al Napoleone che tutti noi conosciamo.
Ma prima…
C’è da svelare un altro retroscena abbastanza curioso: il Napoleone di Canova non è che si trovi lì al centro del cortile da quando è stata fondata la Pinacoteca di Brera, ma è stata piazzata in quel punto dopo ben cinquant’anni dalla sua realizzazione, nel 1859 da Napoleone III, nipote dell’ex imperatore di Francia. In realtà quella statua era pensata e destinata a tutt’altra ubicazione: il Foro Buonaparte di Milano, cui il buon Napoleone pensò di rivisitarne la progettazione (perché all’inizio il progetto non c’entrava nulla con lui), a partire dal nome che forzò in Foro Bonaparte in modo da renderlo più assonante al suo cognome. Il Foro che doveva essere un qualcosa di immenso e che si sviluppava attorno al Castello Sforzesco, non vide mai la luce (costava davvero troppo!) e la statua in bronzo di Canova è una delle poche tracce concrete che ci resta di tutto l’ambaradan progettuale!
Questo spiega perché Canova adottò la scelta del bronzo, materiale perfetto per restare allo scoperto, in quanto la statua doveva resistere alle intemperie e agli sbalzi climatici; nonostante la sua maestria, ci vollero ben due tentativi di fusione per completare l’opera.
Le spinte [motivazionali] creative
Ora passiamo alla cosa che ci interessa di più: indagare le due spinte creative e motivazionali che hanno mosso Canova. Una di tipo intellettuale che segue dei canoni razionali, precisi e delle regole ben definite; un’altra di tipo emotivo decisamente più istintiva e mossa dalla classica reazione di “causa-effetto”.
Partiamo dalla motivazione intellettuale
Da un punto di vista meramente tecnico, dobbiamo ricordarci che Canova è stato il massimo esponente del Neoclassicismo, una corrente artistica che prende il via dalla Rivoluzione Francese e che raggiunge il suo apice (guarda un po’!) in epoca napoleonica. Le regole del Neoclassicismo erano abbastanza chiare: recuperare gli schemi dell’arte greca nel periodo classico e adattarli all’epoca attuale dando vita a un classicismo tutto nuovo; Neoclassicismo, appunto.
Recuperare gli schemi dell’arte classica, significava dunque “idealizzare” e cioè sacrificare elementi realistici come la verosimiglianza o bypassare certi dettagli che disturbavano l’armonia dell’opera qualora fosse necessario, a favore dell’idea di bellezza. E nel Neoclassicismo europeo, come per il Classicismo greco-antico, la bellezza fisica era determinata dalla bellezza degli ideali: entrambi [corpo e mente] dovevano convergere in qualcosa che dovesse comunicare armonia e perfezione. E quel qualcosa era proprio il corpo umano, in particolare quello maschile, che veniva rappresentato nudo e proporzionato perché doveva essere semplicemente bello da vedere.
E quali ideali Canova dovevano trasparire nel ritratto di Napoleone per renderlo bello?
I tre valori fondamentali da cui si è innescata la Rivoluzione Francese: Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, poiché proprio lui, Napoleone, fu il massimo diffusore (nel bene e nel male) di questi ideali in tutta Europa. Valori con i quali tutte le monarchie assolute del Vecchio Continente vacillarono.
E poteva mai un Napoleone, stempiato e in sovrappeso rappresentare dei valori così nobili? Certo che no! Per trasmettere ai posteri gli ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, Napoleone necessitava di un’opera di restyling che lo facesse somigliare più a un dio che a se stesso.
Triste a dirlo ma è la verità
Canova non era nuovo a questo tipo di operazioni di filtraggio della realtà: lo ha fatto con la sorella di Napoleone, Paolina Borghese, con Maria Luigia di Parma e con un innumerevoli ritratti di personaggi potenti. Eppure per quanto avesse aggraziato e abbellito il loro aspetto, questi personaggi restavano comunque riconoscibili, poiché lo scultore veneto ha restituito nel marmo dei tratti somatici realistici e caratteristici.
Ma con Napoleone, Canova non fa sconti: nonostante gli innumerevoli studi (compiuti dal vivo, cioè con Napoleone in carne e ossa che posava proprio di fronte a lui!), lo scultore stravolge completamente il suo aspetto, andandoci giù davvero pesante.
Possibile che Napoleone fosse davvero così brutto?
Ebbene sì, almeno agli occhi di Canova.
Ma non si trattava di una bruttezza fisica. Per Canova, Napoleone era brutto nell’anima e lo disprezzava. Paradossalmente fu proprio questo disprezzo a suggerirgli di ritrarlo con le fattezze di un dio. E, come avrete capito, siamo arrivati alla motivazione più importante che ha spinto Canova a modellare la statua di Napoleone in quel modo…
La motivazione emotiva!
Canova ha fatto letteralmente a cazzotti con se stesso per realizzare il ritratto di Napoleone perché ancora bruciava dentro di lui l’amarezza di un brutto ricordo fissato in una data precisa: il 17 ottobre 1797, ossia la fine della Campagna d’Italia.
Premessa: in quanto portatore dei valori della Rivoluzione Francese, Napoleone era ben visto da tutti i partigiani della Repubblica, Canova compreso; proprio i veneti erano i più entusiasti e accolsero con favore l’arrivo del generale francese nel settentrione, poiché miravano a debellare il nemico comune: gli austriaci. Per la Repubblica Veneziana, l’avvento di Napoleone significava un definitivo allontanamento degli austriaci dalla storica repubblica marinara, ma in quel fatidico 17 ottobre subirono un’amara delusione. Per siglare la pace tra Parigi e Vienna, fu redatto un trattato, a Campoformio, in cui l’Austria cessava sì le ostilità, ma Napoleone in cambio avrebbe ceduto niente di meno che Venezia, mettendo così la parola fine alla storica Repubblica Marinara. Fu un duro colpo per tutti i veneti, compresi intellettuali come Foscolo e lo stesso Canova, che si sentirono traditi negli ideali e feriti nell’orgoglio.
Di quelle offerte che non si possono rifiutare
Ma allora, se disprezzava Napoleone, perché Canova accettò l’incarico di realizzare il suo ritratto?
Perché, in un certo senso, fu costretto. Canova era al servizio di persone e istituzioni molto potenti: tra queste istituzioni c’era anche la Chiesa. Quando Canova ricevette la proposta da Napoleone per eseguire il suo ritratto, egli all’inizio rifiutò categoricamente, nonostante le insistenze dell’imperatore francese.
Fu proprio l’ambiente ecclesiastico a mettere in atto una forte opera di persuasione nei riguardi di Canova per convincerlo ad accettare l’incarico, poiché essendo Napoleone l’uomo più potente d’Europa (che tra l’altro guardava con una certa diffidenza l’ambiente romano), la Chiesa voleva evitare qualsiasi pretesto di conflitto con i francesi, anche quello più banale. E Canova quindi, a malincuore, fu costretto ad accettare l’incarico. E l’unico modo per lavorare al ritratto dell’uomo che egli considerava un traditore della patria, era quello di fare una rappresentazione che fosse quanto più lontana possibile dalla realtà e quanto più vicina alla divinità, poiché solo con un aspetto da dio Napoleone poteva incarnare i valori della Rivoluzione Francese: gli stessi che aveva tradito.
Ma a Napoleone non la si fa!
È come se Canova avesse fatto questo ritratto non tanto per farlo piacere ai posteri, ma per farlo piacere a se stesso, dato che doveva “conviverci”.
Solo che alla fine della storia accadde una cosa buffa: dopo tutto il lavoro di convincimento che Canova ha fatto su se stesso per realizzare il “ritratto perfetto”, fu proprio Napoleone a non apprezzare la scultura: a parere suo il fatto di apparire [semi]nudo lo faceva sembrare volgare.
È molto probabile che Napoleone abbia sgamato l’escamotage di Canova, capendo che quel ritratto non era autentico, almeno non per come voleva essere rappresentato, considerando che il monumento doveva essere posto al centro di Milano.
Per quanto incredibile e controversa possa essere, questa è la storia della genesi di una delle statue più importanti del mondo e che abbiamo noi qui, a Milano!