Quella che sto per raccontarti è una storia di aperture, in tutti i sensi.
Apertura mentale di chi ha saputo vedere e credere nel talento di Correggio.
Apertura degli orizzonti di Correggio che nella Camera di San Paolo ha evoluto la sua pittura.
Infine, apertura di oblò [virtuali] e di porte [materiali]: lo capirai leggendo tutto il post.
Ma iniziamo con le presentazioni: come si chiama veramente il Correggio?
Antonio Allegri nato [forse] nel 1489 a Correggio (da cui deriva il soprannome!), in provincia di Reggio Emilia. Un contemporaneo di Raffaello, che prima di lavorare a Parma, ha avuto modo di spostarsi a Mantova per seguire gli insegnamenti di un altro grande pittore operativo lì: Mantegna. E molto probabilmente si è recato anche a Roma dove ha avuto modo di osservare le opere di Michelangelo.
Insomma, per capirci, il Correggio era un personaggio che già di base aveva un grande talento. L’incontro (quasi sicuramente) avvenuto con i maestri a lui contemporanei, ha poi dato una spaventosa propulsione alla sua arte, che ha dimostrato di avere affinato tanto dal punto di vista tecnico quanto (e soprattutto) dal punto di vista intellettuale, proprio nel momento in cui gli è stato affidato l’incarico di affrescare la Camera di San Paolo.
E ora, torniamo alle aperture!
La Camera di San Paolo è anche conosciuta come “La Camera della Badessa“, nome che personalmente preferisco di più perché ci fa capire meglio la sua storia.
Infatti Correggio ha avuto l’incarico di affrescare la camera (la volta, per la precisione) direttamente dalla Badessa, Giovanna Piacenza: una tipa tosta che amava circondarsi di intellettuali che arrivavano da tutta Europa per disquisire del più e del meno, soprattutto in senso laico ed (è evidente), con un’apertura mentale davvero fuori dal comune, fregandosene di tutta una serie di inimicizie che si creò con il ramo conservatore dell’ambiente ecclesiastico.
Insomma, una donna davvero niente male!
Le aperture degli orizzonti
Correggio, per non venire meno all’audacia della Badessa, ha osato nella sua pittura: all’interno di un monastero, quindi un ambiente religioso, ha realizzato un affresco ricco di puttini (e non angioletti!), di teste di ariete mozzate che fungono da capitelli alla base della volta a ombrello, alcune delle quali sembrano proprio felici di esserlo!
È chiaro che dipinge una tematica pagana, permettendosi addirittura il lusso di raffigurare la sua committente, Giovanna Piacenza, cioè la massima esponente di questo ambito religioso, in veste della dea Diana Cacciatrice che potrai ammirare proprio sul camino, qualora decidessi di visitare la Camera.
Certo, era già successo nel Rinascimento che in pittura il tema sacro venisse “raccontato” con immagini pagane, ma tutto restava sul piano di concetti e di idee astratte.
Qui a Parma la storia è diversa: Correggio ha identificato una donna di chiesa, reale e vivente, con una dea.
In teoria, stando all’etichetta dell’epoca, la badessa avrebbe dovuto rimproverarlo, ma in realtà lei ne fu felicissima e la capisco: essere raffigurati come un dio proveniente dalla mitologia classica significa essere consacrati alla grandezza d’animo e Diana era il migliore esempio di virtù.
Le aperture mentali
In effetti, quando una persona ti lascia libero di esprimere il tuo talento, ti invita a seguire le tue inclinazioni, reputa interessanti le tue stranezze e, soprattutto, evita di giudicarti, è proprio in quel momento che riesci a dare il meglio di te.
E questa fu la grande fortuna di Correggio: l’avere avuto una persona, nel caso specifico, una donna come Giovanna da Piacenza che ha creduto in lui, che incoraggiato il suo talento e ha avuto il coraggio di non censurare la sua tenacia.
Le aperture degli oblò nel pergolato
Ora, al di là dei significati reconditi a cui rimanda l’affresco della Camera della Badessa su cui tanti storici dell’arte dibattono scrivendo libri senza ancora aver dipanato la matassa, per quanto mi riguarda ho percepito una cosa l’altro giorno mentre mi aggiravo per le stanze dell’ex monastero: ho capito che Correggio si è divertito moltissimo a dipingere quella cupola a ombrello.
Nel modo in cui ha giocato con la pittura forando il pergolato con degli oblò grazie ai quali è possibile vedere i puttini che una ne pensano e cento ne fanno, si capisce che aspettava solo l’occasione giusta per dare libero sfogo al suo estro creativo.
Quindi se ti capita di visitare la Camera della Badessa, ti consiglio di fare come me: siediti (ci sono delle sedie al centro della sala) e semplicemente, sta’ a guardare il modo in cui ha dipinto senza pensare troppo. Fa’ come Correggio, divertiti e perditi a osservare i dettagli, il modo in cui li ha realizzati!
Le aperture delle porte
C’era un problema di fondo però che minava la fama di Correggio a proposito delle committenze eccellenti: essendo la Camera di San Paolo un monastero e quindi un luogo di clausura si ignorò l’esistenza di quell’affresco per almeno un paio secoli. Ma quando le porte si aprirono al pubblico si capì definitivamente che Correggio oltre a essere un maestro della pittura, aveva anche la forza di fare scuola e insegnare agli altri cosa significasse raccontare per immagini ironiche e dissacranti come solo i grandi artisti sanno fare.