Come ho scritto nella prima parte di questo post, nell’istante in cui entrerai nel Duomo di Parma subirai un autentico shock, poiché il suo aspetto esteriore, petroso, non corrisponde al suo arredo interiore dove il colore vibra e muove tutta l’architettura creando dei veri e propri effetti speciali.
I segni della luce: la fotografia entra in scena
E quando varchi la soglia della Cattedrale di Parma ti accorgi che non c’è un solo millimetro quadrato che non sia colorato!
L’illuminazione artificiale delle lampade rafforzata dalla luce naturale che si imbuca dalle lunette, si mescola al colore degli affreschi per cui hai l’impressione che le pareti brillino di luce propria.
L’autore di buona parte degli affreschi della navata centrale è Lattanzio Gambara, pittore bresciano che a partire dal 1567 ebbe il suo bel daffare (ci ha impiegato ben sei anni per completare l’opera).
La cosa che salta all’occhio è il modo in cui Gambara ha giocato con tutti gli elementi della struttura architettonica preesistente (medievale) rendendoli funzionali alla sua pittura.
C’era una volta l’architettura, lì
Se dai uno sguardo alla porzione di affresco che puoi vedere nella foto qui a lato, ti accorgerai che Lattanzio ha suddiviso la parete in tre fasce. Sulla prima fascia, sopra gli archi, sono raccontate pittoricamente le storie del Vecchio Testamento, dove fanno una certa impressione le figure di profeti e sibille adagiate sulle nuvole: sembra che facciano molta pressione su quei poveri archi che oltre a reggere il peso di tutta la cattedrale devono immolarsi per sostenere una miriade di corpi umani in movimento!
Alzando lo sguardo troviamo le esili colonne del matroneo (ossia una loggia riservata esclusivamente alle donne durante le funzioni religiose) che hanno il compito di reggere le storie del Nuovo Testamento perfettamente distinte e incorniciate tra le fasce dei pilastri, creando un effetto sequenza che ricorda i fotogrammi della pellicola cinematografica.
Infine nella terza fascia, al disopra del cornicione, tra le lunette che ora sono diventate degli antri, si aggirano delle figure allegoriche che gravitano attorno a finestre opalescenti.
Il potere del colore
Oltre al prestigio dell’incarico, il buon Gambara ha sudato sette camice per realizzare questo affresco perché doveva reggere il confronto con uno dei mostri sacri dell’arte rinascimentale: Correggio, che ben quarant’anni prima di lui aveva dipinto la cupola della cattedrale.
Una sfida al limite dell’impossibile poiché gli artisti sapevano bene che la pittura di Correggio ha il potere di frantumare qualsiasi barriera architettonica.
Com’è successo per le decorazioni della chiesa di San Giovanni Evangelista, anche qui nel Duomo di Parma, Correggio è riuscito a dissolvere una cupola gigantesca, come se nulla fosse. Semplicemente con l’uso del colore.
Occhio alla tromba d’aria!
Quest’opera di Correggio nasce da una sua intuizione tanto semplice quanto geniale. In una cattedrale come quella del Duomo di Parma, dedicata all’Assunzione di Maria ti aspetti di vedere la Madonna che vola al cielo: ed è proprio la rappresentazione di questa storia il perno di tutto l’affresco che Correggio fissa sulle pareti della cupola.
In realtà, risalendo le scale del transetto e volgendo gli occhi al cielo noterai che della cupola resta solo il suo tamburo ottagonale (dipinto!) convertito in una balaustra sulla quale si appoggiano e si sporgono putti e figure varie. Quando poi guarderai al di sopra delle loro teste, ti accorgerai di essere in trappola, perché sei nell’occhio di un tornado!
Correggio infatti ha avuto la premura di collocarti nel centro esatto del vortice di nuvole che sta aspirando una marea di figure.
È qui, dopo lo stupore iniziale, che inizi a realizzare cosa stia accadendo veramente: aguzzando l’occhio vedrai Maria che aprendo le braccia, ascende al cielo, risucchiata da questa tromba d’aria divina e sostenuta da un groviglio di nuvole e putti.
Correndo con lo sguardo verso la sua destinazione finale, scorgerai la figura di Gesù che, in caduta libera, sbuca dal centro del tornado, impaziente di riabbracciare sua madre.
Per quest’opera, Correggio avrebbe meritato di vincere (ad honorem) l’Oscar per i migliori effetti speciali e ci aggiungerei anche il premio come “Migliore sceneggiatura non originale”, perché il come fa ascendere la Madonna al cielo è un’intuizione unica nella storia dell’arte.
Eppure…
So che stenterai a crederci, ma nella realtà dei fatti quest’opera di Correggio non venne apprezzata subito, anzi, all’inizio fu molto criticata: qualcuno la definì addirittura un guazzetto di rane, cioè un intruglio cromatico dove era era difficile distinguere le figure.
Paradossalmente il limite di Correggio lo stabilì proprio quel Rinascimento [di Leonardo, Michelangelo e Raffaello], che aveva abituato gli spettatori a un tipo di pittura molto più composta e perfettamente ordinata nello spazio.
Fu Tiziano e tutta la generazione di giovani artisti a comprendere la genialità di Correggio che aveva anticipato i tempi di quasi un secolo facendo affacciare l’Arte alla finestra del periodo Barocco, ossia quel momento storico in cui la bravura di un artista si misurava in base alla sua abilità di raccontare una storia cogliendo l’istante, all’apice del suo movimento.
E ce ne sarebbe ancora da dire…
Ovviamente mi sono soffermato sugli affreschi più impattanti che il Duomo di Parma conserva e dato che sono andato lungo in questo post, mi fermo qui. Ma ti assicuro che ogni angolo dipinto della Cattedrale riserva tanti piccoli effetti speciali che delizieranno i tuoi occhi.