Molte sono le motivazioni che mi hanno condotto ad aprire questo blog, Racconti ad Arte: narrare i capolavori, scrivere le gesta degli artisti, condividere le mie ricerche, ecc.
Tuttavia c’è una convinzione in particolare che prevale su tutte le altre: un’idea che sostengo da anni, per cui tutti (ma proprio tutti!) possono leggere e comprendere l’arte senza il bisogno di essere degli esperti.
Basta solo convogliare bene l’attenzione che si dedica ad essa in fase di osservazione.
E, come in una favola per cui un sogno diventa realtà, questa idea ha preso davvero forma in un giorno preciso, il 20 ottobre, tra le vie e i monumenti della città in cui vivo da due anni: Parma.
La mia coach, Paola Fantini, ed io, abbiamo organizzato un vero e proprio laboratorio a cielo aperto grazie al gruppo FaceBook di Rafforzamenti, un club che entrambi amministriamo, dove forniamo stimoli e input creativi e ci ha permesso di riunire e incontrare persone sparse un po’ qua e là per l’Emilia-Romagna, e anche in varie zone del Centro/Nord Italia.
Non stupirti se nel corso del racconto non capirai come le persone siano arrivate a capire certe cose da sole.
Attraverso le mie competenze in arte e grazie alle magie operate dalla coach, ci siamo impegnati a estrarre i talenti nascosti dei partecipanti a questa gita domenicale.
E, come ogni favola che [diventi realtà] si rispetti, anche l’atmosfera che si respirava a Parma era quella giusta, poiché c’era una nebbiolina che ti entrava nei polmoni e ammorbidiva tanto i pensieri quanto gli angoli della città rendendoli ancora più caratteristici!
A raccolta!
Una volta che ci siamo incontrati fuori la stazione, abbiamo percorso una ventina di metri poco più avanti per riunirci ai piedi del primo monumento, la cui imponenza ha squarciato il velo di nebbia: il monumento dedicato a Vittorio Bottego.
Questo esploratore parmigiano ha avuto un ruolo molto importante nell’arricchire la cartina geografica dell’Africa, verso la fine dell’Ottocento. Bottego riuscì ad individuare le sorgenti del Giuba e la foce dell’Omo, due fiumi che sono rappresentati allegoricamente dalle figure ai suoi piedi.
Ed è stato bello vedere che l’esploratore del nostro gruppo, armato di zainetto contenente tutto il necessario per affrontare il nostro viaggio domenicale, durante il mio racconto ha iniziato a vedere Parma, la sua città, con occhi nuovi.
Il Lungoparma
Fatto il pieno di spirito esplorativo di Bottego, iniziamo a fare sul serio, addentrandoci nel centro storico della città. Questo vuol dire che per un po’ abbiamo passeggiato per il Lungoparma, dove scorre il torrente che ha dato il nome a questa città. È stato proprio in questo punto che due anni fa, da immigrato e appassionato d’arte, ho preso a innamorarmi di questa città. Qui ho appreso che quando si fa riferimento al torrente, si dice la Parma e non il Parma perché il suo nome è femminile.
Quando racconto di questa mia scoperta alla parte del gruppo che mi marcava a uomo, una signorina di cui ben rammento la sua frangetta ha iniziato ad attribuire articoli femminili a tutti i torrenti presenti in Emilia, compreso il Baganza, ché invece vuole l’articolo maschile, in quanto eccezione. Da qui inizia un bel confronto tra i vari membri del gruppo su come attribuire il sesso ai torrenti; nel mentre sghignazzo perché mi rendo conto di come un semplice aneddoto della mia vita da terrone immigrato abbia innescato la voglia di approfondire della signorina con la frangetta!
In Piazza del Duomo
Et voilà, arrivati in Piazza Duomo, d’avanti alla magnificenza della Cattedrale e del Battistero, io e la coach invitiamo il gruppo ad osservare i particolari architettonici degli edifici. Mi accorgo che una delle signore del gruppo, con il suo bomber giallo, la cui cerniera è tirata su fino a nasconderle la bocca, mostra una certa reticenza in questa fase esplorativa. Poi succede una cosa: la coach le si avvicina, si dicono qualcosa e il bomber giallo inizia ad abbassare sia la cerniera, sia le resistenze.
Ora, non so bene cosa si siano dette, ma so che Paola ha messo in atto una delle sue tante magie, poiché quando la signora con il bomber giallo è tornata da me, mi ha raccontato che, pur non sapendo il motivo, ha immaginato che lungo quegli archi che fasciano la facciata del Duomo nel mezzo, in passato passeggiassero delle figure femminili.
Pur non conoscendo la funzione dei vari elementi architettonici, lei ci ha preso in pieno poiché quella fascia di archi che si vede da fuori, richiama il matroneo all’interno della chiesa, cioè un loggiato che corre lungo il perimetro della cattedrale, nonché luogo riservato solo alle donne nel momento in cui i celebravano le funzioni religiose del passato.
Ma le sorprese non sono ancora finite: mentre osservo gli altri che girovagano per la Piazza del Duomo, mi accorgo che c’è quest’altra persona del gruppo che disegna uno sketch sul posto; lì in estemporanea, proprio sotto i miei occhi!
Nonostante la nebbia, l’atmosfera grigia e rarefatta, vedevo una linea molto marcata su quel foglio, a sottolineare la sicurezza di Emma nel tracciare il suo disegno dal quale si intuiva subito la forma della facciata a capanna della chiesa!
Verso San Giovanni Evangelista…
Poco più in giù, una stradina che fiancheggia il lato destro del duomo ci ha condotti fino all’altro gioiellino del centro storico di Parma: la Chiesa di San Giovanni Evangelista, dove siamo entrati senza tanti indugi.
Nel momento esatto in cui veniva illuminata la cupola, mi sono recato dall’uomo più alto del gruppo, che con la sua tuta da sportivo e con il suo naso all’insù era diventato ancora più alto di quanto mi ricordassi!
Anche lui si accorge di me; mi guarda e mi dice la sua teoria sul come decifrare la rappresentazione dell’affresco sulla cupola, confidandomi di avere contato i personaggi raffigurati: ne sono undici, più uno alla base, escluso Gesù che scende dal cielo, motivo per cui ha ragione di pensare che quelli siano gli apostoli. Bingo!
Gli confermo la sua teoria, lo informo che ha un occhio eccezionale e sono davvero soddisfatto di vederlo fiero di sé!
Usciti dalla chiesa, noto gli occhietti scuri di una ragazzina che fissano il dépliant e poi la chiesa, poi ritornano di nuovo sul dépliant. A differenza dei momenti precedenti in cui si era uniformata alle osservazioni che facevano gli altri, quella ragazza, ora, mi racconta che i suoi occhi [scuri] hanno registrato una scultura dove un uomo è inginocchiato ai piedi di una donna e un bambino, in segno di rispetto.
Un tema per lei insolito da vedere, ma che le sta molto a cuore poiché ha a che fare con il ruolo delle figure femminili nell’arte e le sono grato perché ha attivato la mia curiosità su una cosa che fino a quel momento non avevo notato.
Ritorniamo in Piazza del Duomo per entrare in Cattedrale!
Dopo avere ammirato la Chiesa di San Giovanni, è stata la volta di visitare l’interno della cattedrale che lascia sempre tutti di stucco, pure chi è di Parma.
Come di Parma è una ragazza dalla silhouette leggera, dal cui braccio destro intravedevo i disegni del suo tatuaggio di cui mi piacerebbe conoscere la storia che c’è dietro: sto parlando di Alessia che ha avuto l’acutezza di osservare una miriade di dettagli, creare collegamenti impensabili e del tutto legittimi tra le varie decorazioni della cattedrale. Tant’è che a furia di osservare, ha trovato un ponte virtuale che collega la scultura della Deposizione di Cristo, all’affresco dell’Assunzione di Maria. Due opere fatte di materia diversa, in due epoche diverse, realizzate da artisti completamente diversi: eppure, Alessia, è riuscita a trovare una continuità narrativa tra questi due capolavori così distanti tra loro.
In panchina!
Usciti dalla Cattedrale, ci siamo riposati su una panchina e ne abbiamo approfittato per parlare di tutto quello che avevamo visto.
Qui, Cristian, nonostante i suoi occhietti piccoli e spenti per la stanchezza, poiché era arrivato il giorno prima a Parma, stravolto dal viaggio [da Udine!] in macchina insieme alla sua compagna, Erika (cioè la signorina con la frangetta che cambiava il sesso a tutti i torrenti, ricordi?), è riuscito a dirmi una cosa che nessuno aveva notato e che pure gli storici dell’arte hanno difficoltà a individuare.
Cristian, in pratica, ha colto la figura della Madonna nella cupola del Duomo, un’impresa ardua, poiché quell’opera in passato fu criticata aspramente e paragonata a un guazzetto di rane, per via dell’incredibile numero di figure dipinte che, come in un brodo primordiale, si fondono tra loro e non si distinguono. Ci è riuscito perché ha saputo posizionarsi nell’unico punto strategico della chiesa in cui è possibile vedere chiaramente la figura di Maria: davvero complimenti!
Nel gruppo c’era pure una ragazza che per la maggior parte del tempo si è mimetizzata con il suo sombrero avvolto fino al naso, per restare al calduccio, limitare i suoi interventi e con gli occhi ben nascosti dalle lenti da sole nonostante la nebbia. E quando le ho chiesto una sua opinione su quali fossero i dettagli che l’avevano attratta all’interno della cattedrale, si è divertita a punzecchiarmi dicendo di quanto fosse difficile restare concentrati nell’osservazione perché “c’è troppa roba!”
A questo punto le propongo di andare dal sindaco di Parma, Pizzarotti, e proporgli di stuccare di bianco tutte le pareti del Duomo, cosicché, la prossima volta, lei possa concentrarsi più facilmente.
Nonostante scherzassi, lei ha accolto di buon grado la mia proposta!
E, oltre alla ragazza con il sombrero, c’era anche una signora dai bei capelli biondi a mostrarsi timida negli interventi, ma al contempo si vedeva che aveva una gran voglia di condividere le sue impressioni e le storie che conosceva sul Battistero. E infatti a fine serata, è proprio da lei che mi arriva un messaggio via WhatsApp, in cui mi manda una foto di un’impronta su un basamento del Battistero che non avevo mani notato e mi racconta che si tratta del “piede del diavolo”. Questa orma si trova in punto per cui, con il silenzio assoluto, è possibile sentire dell’acqua che sgocciola senza che se ne capisca la fonte. Queste sono di quelle leggende che, quando le apprendo e sono associate al mondo dell’arte, mi fanno venire voglia di scriverci dei racconti, per cui approfondirò di sicuro questa storia!
Pausa pranzo e poi via, verso la Basilica della Steccata!
Nonostante la giornata volgesse al termine non sono mancate altre sorprese: a un certo punto è arrivato di corsa un ragazzone snello e veloce che non appena si è liberato da lavoro, ha raggiunto il nostro gruppo mentre ci recavamo alla Basilica della Steccata. Aveva organizzato le sue settimane lavorative per fare in modo da essere presente con noi quella domenica, ma un imprevisto dell’ultimo minuto lo ha costretto a essere presente sul posto di lavoro per coprire un suo collega ammalato. Ciononostante, appena finito il turno si è fiondato da noi e mentre gli altri visitavano l’interno della Steccata, io e Paola gli abbiamo fatto un corso accelerato sulle modalità di osservazione così da fargli vivere l’esperienza che si era perso in mattinata.
Lui si è subito sentito a suo agio e, per la mia somma gioia, ha notato un particolare che racconta tutta la storia della chiesa: si accorge che l’esterno della facciata della basilica sembra essere stato eseguito in due tempi diversi. In pratica è riuscito a distinguere i due stili che la chiesa ingloba: lo stile rinascimentale e lo stile barocco.
Con la Steccata siamo giunti alla conclusione di questa giornata da favola, in cui abbiamo lasciato un dono a tutti i partecipanti come promemoria di questo incontro.
E, in questo momento del dono mi resta impressa nella mente l’immagine di una ragazza che per tutto il tempo di questa nostra gita, da una parte era attenta ad osservare e ascoltare e dall’altra era attaccata al cellulare, ma non per noia o distrazione, anzi…
Coordinava le persone che aveva lasciato a casa cosicché lei potesse rimanere tutto il tempo con noi evitando così di abbandonarci nel mezzo della nostra visita, ché sarebbe stato un vero peccato. È stata sempre lei a comunicare la nostra posizione al ragazzo snello e veloce che ci ha raggiunto dopo pranzo, perché lui è suo marito e entrambi ci tenevano a essere presenti a questa domenica un po’ speciale.
Nonostante il suo daffare, lei si è distinta per la notevole predisposizione all’ascolto, anche quando percepiva delle sensazioni negative derivate dal clima grigio e da alcuni luoghi che le davano un senso di chiusura. E ha chiuso con l’impegno a condividere ciò che ha imparato e cosa porterà con sé da questa giornata da applicare nel suo vissuto quotidiano.
See you soon…
Quando Paola ed io progettavamo insieme questa giornata avevamo ben presente il nostro obiettivo: far vivere il proprio quotidiano con nuove spinte motivazionali e nuove consapevolezze fornite dall’arte [quindi, dalla bellezza] che può essere usata come uno strumento per migliorare e migliorarsi. Siamo stati ore e ore a spaccare il capello in quattro per vagliare, scegliere, pesare le diverse soluzioni. Questa giornata del 20 ottobre (e le risposte che abbiamo ottenuto) ci ha dimostrato che la nostra intuizione era giusta.
È stato un traguardo importante: ci ha fornito il carburante che ci porterà sicuramente a organizzare altri eventi come questa domenica da favola.
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